Nordio, le carceri e un’emergenza da non trascurare

(…)Intanto le prime dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, riguardano le carceri. Il Guardasigilli ha affermato che le carceri sono la priorità di cui intende occuparsi, con la necessità di migliorare la condizione dei penitenziari, e quindi di chi ci lavora o ci è costretto a restare perché sconta una condanna o è in attesa di giudizio.

La giustizia rappresenta una delle questioni fondanti, e più immediate dell’attività del governo presieduto da Giorgia Meloni. Subito una stretta sui benefici di legge, annunciata già nel consiglio dei ministri di oggi e il rinvio al 30 dicembre prossimo di alcune disposizioni della riforma Cartabia, che sarebbero dovute entrare in vigore già da domani.

Intanto le prime dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, riguardano le carceri. Il Guardasigilli ha affermato che le carceri sono la priorità di cui intende occuparsi, con la necessità di migliorare la condizione dei penitenziari, e quindi di chi ci lavora o ci è costretto a restare perché sconta una condanna o è in attesa di giudizio. “Il carcere – ha continuato Nordio – non può essere crudele e inumano, perché si andrebbe contro la Costituzione e i principi cristiani”.

Il settantaduesimo suicidio registrato dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane deve aver colpito il ministro della Giustizia, che ha parlato di “drammatica emergenza e di una dolorosa sconfitta per tutti”. Con gli ultimi due gesti estremi avvenuti in Sicilia, è stato eguagliato il tragico record del 2009, la cifra più alta raggiunta nel nuovo millennio.

Inoltre ha ricordato che certezza della pena non significa solo carcere, cioè certezza della galera, perché proprio la Costituzione parla di pene al plurale, ricordando così che la detenzione non è l’unico modo per scontare una condanna.

La condizione delle carceri italiane resta difficile. La sinistra e il Partito democratico in primis, che si autoproclama paladino dei diritti civili, è rimasto inerte fin da quando aveva la possibilità di attuare la riforma del sistema penitenziario, negli anni in cui Andrea Orlando era ministro della Giustizia. La grande opportunità offerta dopo la discussione degli Stati generali fu sprecata, e le proposte accantonate per paura di perdere le elezioni. Sappiamo come andò: il Pd fu sconfitto alle urne e le carceri rimasero nella stessa condizione. Dopodiché, alle dichiarazioni di principio, è seguito il nulla.

La riforma Cartabia, che non appartiene a nessun partito politico, contiene solo il tema della giustizia riparativa, il poco tempo a disposizione non consentiva di modificare normative primarie. Bisognerà poi vedere quanto inciderà la circolare sulla media sicurezza del Dap che regolamenta la vita all’interno dei reparti detentivi.

Ad oggi in Italia ci sono 55.835 detenuti, quasi 5.000 in più di quelli consentiti dalla capienza regolamentare. Di questi poco meno di 4.000 scontano una condanna inferiore ai due anni.

Se a questi venissero concesse pene alternative raggiungeremmo quasi la regolarità dei posti disponibili. Passare dal carcere a pene alternative prima di raggiungere la libertà non vuol dire evitare di scontare la pena, ma rappresenta l’opportunità di inserirsi gradualmente nel tessuto sociale senza un brusco passaggio dalla galera alla libertà, con meno probabilità di produrre recidiva.

In particolare per i condannati a pene detentive brevi, l’ingresso in carcere è tutt’altro che rieducativo. Si tratta spesso di senza dimora o di persone disagiate. Ricordo prima dell’estate di aver incontrato un clochard condannato a tre mesi per un reato commesso dieci anni prima. In questo caso si può effettivamente dire che si è fatto “la villeggiatura” a Poggioreale.

In questo contesto la Campania è tra le regioni dove il sovraffollamento resta una grande criticità.

Nei 15 istituti presenti sono recluse 6.658 persone, circa 500 in più del dovuto. Un terzo sono tossicodipendenti, tanti soffrono di disagio psichiatrico, in parte conseguenza della difficile condizione della detenzione, ma diversi già con diagnosi prima dell’ingresso in carcere. E poi c’è sempre la grande questione di Poggioreale, che si tiene sempre al di sopra dei 2mila detenuti, pur potendone contenere poco più di 1.500.

Il Ministro Nordio, che si trova a dover affrontare diverse emergenze, ha dichiarato di voler visitare al più presto gli istituti più in difficoltà e di voler potenziare lavoro e sport. Per fare questo c’è bisogno di più personale (non solo agenti penitenziari) e più risorse. E tra le risorse disponibili ci sono il mondo del volontariato e della società esterna più in generale. Ma tanto spesso l’autoreferenzialità degli operatori penitenziari rende difficoltosa quella sinergia e quelle buone pratiche che invece potrebbero aiutare i detenuti che vogliono mettersi in gioco e cambiare vita.

 E’ un’impresa sicuramente complessa e piena di ostacoli quella del guardasigilli. Ma vuoi vedere che dove ha fallito la sinistra sarà il governo di centrodestra a questo governo riesca a rendere la vita delle carceri più umana e vivibile? Vuoi vedere, ad esempio, che riesca a eliminare quella vergognosa ingiustizia che condanna 28 bambini a trascorrere la loro infanzia in strutture detentive? Sarà il tempo a dare le risposte a questi interrogativi.

Di Antonio Mattone – Il Mattino, 31 ottobre 2022

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