I centri di detenzione in Libia rimangono luoghi di violazioni e abusi

Molti dei centri di detenzione per migranti in Libia rimangono luoghi di abusi terribili e sistematici, che possono equivalere a crimini contro l’umanità. A margine del Consiglio dei diritti umani a Ginevra, il capo della Missione d’inchiesta sulla Libia, Mohamed Auajjar, ha riferito ai giornalisti che gli investigatori hanno scoperto ulteriori prove di gravi violazioni dei diritti, che hanno reso pubbliche per la prima volta lo scorso ottobre.  Le scoperte del suo team includono nuove informazioni su “20 strutture di detenzione, ufficiali e non ufficiali…(e) reti di prigioni segrete che sono presumibilmente controllate da milizie armate”. Lo sviluppo arriva in un contesto di continua violenza e illegalità in Libia, legata alla prolungata crisi del paese che ha seguito il rovesciamento del presidente Muammar Gheddafi nel 2011. Dopo anni di volatilità, la situazione è arrivata al culmine – e migliaia di morti – dopo l’aprile 2019, quando sono scoppiati i combattimenti tra le fazioni del sedicente Esercito Nazionale Libico (LNA) comandato da Khalifa Haftar, con sede nella parte orientale, e il governo riconosciuto a livello internazionale nella capitale, Tripoli, situato nella parte occidentale. L’escalation ha spinto il segretario generale dell’ONU António Guterres a lanciare un appello al cessate il fuoco per evitare la “sanguinosa battaglia per Tripoli”, tra i combattimenti dentro e intorno alla capitale. Oggi, le tensioni rimangono alte dopo che le elezioni nazionali sono state rinviate lo scorso dicembre, ha spiegato Auajjar, con “due governi in competizione” ancora al loro posto. Gli investigatori hanno anche evidenziato come le persone siano state arrestate per aver espresso “opinioni sulle elezioni, o sostegno ai candidati. Altrettanto preoccupante è la “continua impunità per gli attacchi contro le donne politiche, che mina la partecipazione politica significativa delle donne”, ha detto Auajjar, aggiungendo che ci sono stati attacchi alle organizzazioni della società civile, agli attivisti, ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti”. Solo l’anno scorso almeno 26 bambini in Libia sono stati uccisi o feriti da residuati bellici esplosivi.

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