Ieri per il terzo giorno di fila la ministra Cartabia ha varcato la porta di Palazzo Chigi e ha incontrato prima il premier Draghi, poi il ministro per i rapporti con il Parlamento, D`Incà. Al plenipotenziario dell`agenda parlamentare pentastellato ha chiesto un doppio impegno: sui suoi, recalcitranti malgrado gli impegni presi con il premier, e sull`agenda della Camera. Montecitorio ha i suoi tempi e il calendario estivo non lascia grandi margini.
Lucia Annibali ci confessa di non essere ottimista: «La speranza è di farcela in tempo ma l`agenda è troppo fitta e le giornate di lavoro troppo poche». E malgrado le riunioni continue, la doppia convocazione della commissione Giustizia, il tavolo di maggioranza a via Arenula e le adunanze dei gruppi, ieri ben pochi passi avanti sono stati fatti; il voto di Fiducia che era stato incardinato per venerdì si vede già sfumare. Pleonastico ricordare la contrarietà dei Cinque Stelle sulla riforma del processo penale, primo punto all`ordine del giorno che ha visto comparire i rappresentanti della maggioranza al Ministero. Conte aveva detto sì, poi ha ricevuto il no dei suoi e ha sintetizzato con un “ni” che Cartabia non ha mandato giù. Nella cabina di regia per la riforma della giustizia è stato inserito Alfonso Bonafede, con la prevedibile conseguenza che il “ni” è diventato niet. Ma oggi i tempi stringono: venerdì la delega penale dovrebbe approdare in Aula, ma la commissione non ha ancora votato nemmeno un emendamento. L`incontro al ministero è servito a fare il punto sulla prima parte del ddl delega, con un confronto su alcuni articoli e relativi emendamenti. In particolare, viene spiegato, si sono affrontati gli emendamenti relativi al giudice monocratico, l`allargamento del patteggiamento e la messa in prova. «Punti su cui è ancora aperto il confronto», dice l`on. Zanettin, FI, al Riformista. Sul primo tema, sia Azione che Forza Italia hanno espresso criticità, mentre sugli altri due punti si è messa di traverso la Lega. In serata è tornata a riunirsi la commissione Giustizia della Camera, il governo dovrebbe esprimere i pareri sugli emendamenti ai primi 12 articoli, aprendo a possibili modifiche sui temi affrontati nella riunione, ma il parere è contrario su tutte le altre proposte emendative. Tuttavia, finché non si concluderà la fase di mediazione sulla prescrizione e i nodi ancora sul tavolo non saranno sciolti è difficile ipotizzare che la commissione possa entrare nel vivo dell`esame della riforma. Sbotta Enrico Costa, deputato di Azione «Oggi (ieri per chi legge, ndr) la Commissione Giustizia ha di nuovo rinviato l`esame del ddl giustizia. Pur essendoci relatore e governo pronti con i pareri. Parlamento e Governo non possono essere ostaggio dei veti del M5S. Si vada avanti con chi ci sta sul testo Cartabia». E proprio il protrarsi della “trattativa” fa crescere ed emergere le fibrillazioni interne alla maggioranza. «Se riapri la partita sul capitolo prescrizione, allora ti metti attorno a un tavolo e tratti con tutti i partiti, non con uno solo», osserva ad esempio un esponente di maggioranza che si occupa del dossier Giustizia. ». E proprio il protrarsi della “trattativa” fa crescere ed emergere le fibrillazioni interne alla maggioranza. «Se riapri la partita sul capitolo prescrizione, allora ti metti attorno a un tavolo e tratti con tutti i partiti, non con uno solo», osserva ad esempio un esponente di maggioranza che si occupa del dossier Giustizia. Sarebbe stato meglio, è la convinzione dei più, che «la ministra presentasse un “pacchetto chiuso”, senza poter trattare», anche perché «già la prima stesura degli emendamenti del governo erano una mediazione». Insomma, nella maggioranza non si nasconde un mix tra preoccupazione e nervosismo per i distinguo dei pentastellati. Nell`agenda di Montecitorio pesa um altro arrivo importante la riforma Brunetta sul reclutamento pubblico. Arriva con priorità alta, va votata anch`essa prima della pausa agostana (i bandi di reclutamento dovranno partire prima di settembre). Si parla di un voto di Fiducia anche su questo, e Giorgia Meloni si inalbera: «Esautorano il Parlamento. La maggioranza più ampia di sempre non può procedere a soli colpi di fiducia», fa ben notare. L`altra forza di opposizione, Sinistra Italiana, torna sul pacchetto Cartabia: «Tra le molte cose che non vanno nella riforma Cartabia, ce ne è una che grida vendetta: l`idea che il Parlamento stabilisca ogni anno quali sono i reati su cui bisogna intervenire ed indagare. Questo è contro la Costituzione», ha tuonato il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. «Se il Parlamento vuole sfoltire i reati, lo faccia – prosegue – e sarebbe pure utile. Cominci dai reati più lievi, per esempio da quelli legati al consumo di droghe che occupano carceri e ingolfano tribunali». A procedere con decisione – applicando quello che lo stesso sottosegretario alla Giustizia, Sisto, ha definito il miglior volano per le riforme – è il Referendum promosso dai Radicali. Ieri anche l`Assemblea Regionale Siciliana ha votato per la sua adesione regionale, portando a cinque le regioni sostenitrici dei sei quesiti Veneto, Umbria, Lombardia, Piemonte e adesso Sicilia danno ai quesiti lo slancio necessario ad andare dritti all`acquisizione del parere di ammissibilità. Se ammissibili, la parola passerà in primavera agli italiani. «Adesso, visto che da Roma il Parlamento non prende posizione, la parola passerà agli italiani, gli unici a decidere sulla riforma di una tematica tanto delicata quanto necessaria. Abrogazione della legge Severino, abuso sulla custodia cautelare, separazione della carriera dei magistrati, loro piena responsabilità diretta e riforma del Consiglio superiore della Magistratura sono questioni non più derogabili a tutela della democrazia», hanno detto nel parlamentino regionale gli esponenti di Forza Italia, mentre il governatore Musumeci incoraggiava a non demordere sulla raccolta delle firme, ed è sceso in piazza, al banchetto di raccolta del centro di Palermo per dare il buon esempio. «Benissimo per questo appoggio dei Consigli regionali ma invitiamo tutti a venire a firmare lo stesso», l`appello di Irene Testa e Maurizio Turco. Se i parlamentari non corrono, li faranno correre gli italiani.
Di Aldo Torchiaro Il Riformista 29/07/2021