L’ultimo messaggio di Thomas Sankara. 32 anni fa veniva assassinato il Presidente del Burkina Faso, il ricordo di Marco Pannella

L’ultimo messaggio di Thomas Sankara. 32 anni fa veniva assassinato il Presidente del Burkina Faso, il ricordo di Marco Pannella

Nigrizia-Notizie Radicali, dicembre 1987

Colpo di stato in Burkina Faso, il Presidente Sankara ucciso dal suo più intimo e fraterno compagno, Blaise Compaoré: uno scenario da rivoluzione giacobina in cui sono i fratelli e i compagni a ghigliottinarti e non i nemici e gli avversari. Ricordo di un Presidente africano ed europeo che aveva presentato una parola di importanza fondamentale, tolleranza: qualcosa di cui gli altri avevano mediamente paura.

In morte i giornali hanno scritto di lui ben più di quel che ha fatto, ha tentato di fare in vita. Thomas Sankara è tragicamente finito assassinato dal suo più intimo, caro, fraterno dei compagni, Blaise Compaorè.

Testimonianze mi hanno ricordato che avevo appunto ammonito Thomas, meno di due anni fa, che questa bella era tra le poche sicuramente scritte nello scenario che stava vivendo. Scenario da rivoluzione giacobina, più che militare, dove erano i “fratelli”, i compagni a ghigliottinarti, non i nemici e gli avversari.

L’ipotesi era dicibile proprio perché appariva impossibile, umanamente e politicamente impensabile. Ma è la sensazione che Thomas comprendesse, riflettesse, mi fosse grato di quella sincerità. Nulla, oltre tutto, poteva lasciar temere in tal modo volessimo aggravare un conflitto o delle diversità che non c’erano.

Thomas Sankara si era formato in scuole rette da missionari cattolici francesi. Cultura classica degli anni trenta in Italia, o da essa non lontana, come referenti: tutto, o quasi, tranne il pensiero liberale e democratico. Ed erano quei punti di riferimento, più di quelli successivi, marxisti e militari che egli esprimeva. Nel suo solenne intervento all’Assemblea generale delle Nazioni unite aveva citato Novalis, lo scrittore pre romantico tedesco, per cui la realtà del sogno disegnava la verità della vita, reazione al secoloe al pensiero illuminista. Ai suoi due figli aveva dato due nomi corneilliani: Filippo e Augusto, non di eroi africani o comunisti. Come Mussolini, ma con quale altra eleganza e dolcezza, e ingenuità sincera, recuperava temi classici, greci o latini, amore patrio o repubblicano, di vita spartana: Ou la Patrie ou la mort . Su vaincra (vinceremo). Slogan lugubre con cui aveva tentato, non riuscendovi, di recuperare il E ‘dolce e degno morire per la patria , inconsapevolmente rieditando, invece, il O Roma o morte , e il lessico di tutti i fascismi.

Rousseau, naturalmente, con il suo diritto naturale e il buon selvaggio , l’egualitarismo e la disattenzione per il diritto, lo amava. Gli dissi Che Gli mancava Solamente Voltaire, con la SUA tolleranza , L’attenzione Alla Giustizia, allo Stato e alle Carceri; ed al valore del sapere, di fronte e contro il potere. Era tremendamente giovane e attento, serio e buono, duro e puro acaro e disperato di fronte a qualsiasi morte e sofferenza. Ingenuo e consapevole, preoccupato di esserlo: non confondeva -credo- ingenuità con innocenza. A chi gli chiedeva:Hai ribattezzato l’Alto Volta in Burkina Faso, cioè Terra degli Uomini Giusti. Ma se esiste una terra degli uomini già giusti, che bisogno c’è ancora dello Stato, della Rivoluzione, di te? E le altre terre, sono peggiori della tua, e peggiori le persone?
Ascolta, e un tratto appariva altrove, interrogandosi. Non di rado la stanchezza, quasi sempre in agguato, -dormiva pochissimo, per poter lavorare, studiare, percorrere la sua gente- in quei momenti rischiava di prevalere e gli occhi gli si chiudevano. Con i suoi ministri, i suoi compagni, voleva che almeno una volta alla settimana facessero sport e giocassero a calcio insieme. Portava la sua tenuta di parà, leopardo con la stessa eleganza con cui voleva indossato un saio o una tonaca.

Detestava i macchinoni di rappresentanza che aveva ereditato, simbolo dello sperpero, energia e immagine, ed aveva imposto e se stesso tutti i ministri d’uso di piccole utilità, delle 4 cavalli. Voleva una decina di fisarmoniche italiane, di un artigiano di Ascoli Piceno, e si crucciava per il prezzo, che gli pareva insostenibile, e l’assistenza personale che le chiese a Giovanni Negri mi danno di vedere se si trova avere con qualche sconto.

Fece fare processi popolari , popolari , di massa, contraddittori davvero, moltissimi vecchi notabili, dirigenti dei precedenti regimi, ossessionato dalla corruzione, dalla mancanza vera o presunta di onestà. Furono processi esemplari , appena più civili e umani di alcuni nostri processi, come quello per il 7 aprile o quello contro Tortora e 1.200 suoi compagni. Finì per liberare quasi tutti, e accettò quasi subito, quando ancora non ci sarà noto politicamente e non personalmente, di farci visitare in un carcere speciale un ex presidente dell’Assemblea della Cee-Acp, Gerard Tango Ouedraogou, per il quale chiedemmo e ottenemmo la libertà, ma non come privilegio o favore: con un provvedimento che valse anche per altri.

Poverissimo, l’Alto Volta era però, fino a sei anni prima che Sankara prendesse il potere, un paese in cui mai si sarebbero avuti morti per causa politiche, e in cui aveva funzionato, maschio, ma aveva funzionato, un sistema democratico. Sicché i primi morti di questo tipo, ci parevano una bestemmia. Ne conveniva e lo mostrò in mille occasioni. Credente, Thomas non tollerava però confusione tra potere e religione. Una delle crisi più gravi che egli dovette subito affrontare fu quando pretese, rischiando di provare la sua propria caduta, che un massimo capo tradizionale e animista, religioso, pagasse le bollette della luce. Da una parte e dall’altra, questa quisquilia asserisce un valore di principio.

Quando uno dei suoi più stretti compagni, l’utente non militare, Basil Guissou, Ministro degli Esteri, gli comunicò che si era iscritto al Partito Radicale, egli ne fu felice e l’approvò. La bandiera gandhiana e nonviolenta del Pr lo sorprese e commosse.

Subito, nel conoscerlo, gli avevo suggerito di non passare ad una forma di partito unico, ma di tentare la più radicale e limpida delle scelte anglosassoni: l’elezione diretta del presidente, con almeno due candidati forti, e l’elezione di un Parlamento un sistema uninominale. Non cessò, da quel che mi è stato detto, di pensarci. I messaggi franchi e impegnati che inviava ai congressi del Partito erano scritti di suo pugno, così come i suoi messaggi di augurio a Capodanno. Ma aveva a che fare con gli altri del Consiglio della Rivoluzione. Probabilmente volle passare ad esperimentare una tappa intermedia: per compromesso e convinzione. Quella di un »Fronte di individualità e forze autonome e libere. E, da luglio, in ogni suo discorso, c’era una parola chiave: “Tolleranza”. Blaise e gli altri devono averne avuto paura. Del suo valore, delle sue scelte politiche, della cronaca e della storia io non ho qui parlato. Ma se ne legge altrove. PerNigrizia -cui sono riconoscenti per questo invito- non ho che da fornire una testimonianza, perché si aggiunge -marginale ma puntuale- ai libri e agli articoli che sono forniti in Europa, numerosi.

Quel che così è che avrei voglia di recitare per lui molti versi del Lamento per la morte di Ignacio de Garcia Lorca. Ahimè, un canto funebre, un dolore dell’intelligenza ancora prima del cuore. Gli elogi e il compianto gli si attaglierebbero bene. Era personaggio francese (così come imperatori e pensatori romani furono “stranieri”, “africani”). Sankara era francese così come Agostino fu “cattolico romano”. Davvero “francese”. Ma era uscito non dalle pagine di Andrè Malraux, dai reportage e dai romanzi di Lucien Bedard; né eroe né legionario, né rivoluzionario carico di disperazione e di odio, ma, piuttosto, “eroe” di Alain Fournier del Grande Maulnes e del Saint-Exupery di Pilotes de nuit e -anche, perché no? – del Piccolo principe . Più Nizan, semmai, che Fanon, se è concesso di continuare e chiudere questa parentesi un po ‘iniziatica.

Un uomo di Stato così ha perso la sua lotta contro il tempo, contro se stesso. Ma come i Senghor, e gli Houphouay Boigny, i grandi saggi di un’altra generazione, logorati e intellettualmente gestiti dal potere o dal successo, e politicamente da lui detestati Thomas Sankara ha usato per il suo amore della vita, e dell’amore, e della purezza, la sua onestà intellettuale, la sua umiltà, la sua tolleranza innata e quella che conquistava e proponeva, divenire grande non solamente per l’Africa, ma per noi tutti. Il suo tallone d’Achille era forse nella sua cultura liceale e nell’ardore dell’adolescenza, che fu anche presente nella sua forza e nella cifra della sua vita. Spero che almeno per me le sue ceneri consentano meglio ancora un cammino di parentesi graffa, nella grande età che è stata negata e nella quale sembra che io mi avvii.

Il 10 dicembre, a Roma, nella Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, per iniziativa di compagni africani e radicali, si celebra una funzione. Ma già in queste settimane, ascoltando i pezzi di Requiem da Radio Radicale , l’ Alleluia e l’ Osanna e il Requiescat in pace , non sarò certo stato solo a ricordare il capitano Thomas Sankara, africano ed europeo.

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