Federalismo e stati uniti d’europa
FEDERALISMO E STATI UNITI D’EUROPA
Il Partito Radicale ribadisce la scelta federalista e per gli Stati Uniti d’Europa, unica alternativa ai nazionalismi antifederalisti e alla deriva burocratica dell’Unione europea.
È uno dei tre obiettivi che si è dato il Congresso di Rebibbia a settembre 2016. Era l’inizio di settembre, Donald Trump sarebbe stato eletto a dicembre, il virus del nazionalismo e del protezionismo non era uscito dalla marginalità politica a cui era ridotto a causa delle sua antistoricità, un residuo del passato, che si illude con la politica nazionale di sopperire alla incapacità di governare i grandi problemi del nostro tempo che non conoscono frontiere.
Ventotene oggi vuol dire opporre il federalismo, gli Stati Uniti d’Europa all’Europa intergovernativa. La nostra proposta è l’unica alternativa sia a questa Europa che ai programmi antieuropei, istituzionalmente nazionalisti, economicamente protezionisti. Non intendiamo attendere quel che questa Europa non può dare e continuare a ricevere quel che non è accettabile. Siamo per una difesa ed un esercito federale, una diplomazia federale, un ministero del tesoro federale, eurobond federali per la gestione del debito pubblico; per l’abolizione del Meccanismo europeo di stabilità; per una diversa politica di aiuti allo sviluppo; per l’abolizione delle misure protezioniste inutili se non dannose per i cittadini.
Stati Uniti d’Europa, perché?
Non v’è campo politico, sociale, economico nel quale gli Stati nazionali possano adottare una politica che sia più efficace e meno costosa se adottata a livello federale.
La difese federale, non solo nel campo dei sistemi d’arma ma con un esercito europeo, è un campo esemplicativo. Uno studio congiunto del Centro studi sul federalismo e l’Istituto Affari Internazionali stima un costo totale per la non-Europa della difesa che potrebbe arrivare fino a 120 miliardi di euro annui. Forse anche più elevati, però, rischiano di essere i costi strategici e politici, che pongono una seria ipoteca sulla efficacia di una futura politica estera dell’Unione europea.
E con la difesa federale ci deve essere una diplomazia federale che consenta una vera politica estera europea.
Già oggi, a Trattati vigenti, all’interno dell’Unione europea si potrebbero fare risparmi per 1.597 miliardi di euro l’anno, come risulta da uno studio del Parlamento europeo.
Marco Pannella, storico leader del Partito Radicale è stato Deputato europeo sin dalla prima legislatura, senza mai dismettere la lotta che è stata di Altiero e Ursulla Spinelli, Ernesto e Ada Rossi, Eugenio Colorni, ha ben ribadito la visione del Partito europeo quando il 4 maggio 2009 intervenne sul tema per l’enessima ed ultima volta nell’Aula del Parlamento europeo:
“Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io da trent’anni sono qui come lei, ma forse il bilancio che possiamo fare di questi trent’anni non è quello che ci auguravamo quando in questo Parlamento nell’85, facevamo un salto di qualità contro una vecchia e fallita Europa delle patrie per marciare verso gli Stati Uniti d’Europa. Oggi siamo tornati di nuovo verso quell’infausto passato – Europa delle patrie ma non patria europea – e dentro il nostro recinto, e i popoli attorno che ci salutavano come grande speranza, come occasione da cogliere, in realtà come popoli che voteranno di malavoglia fra poco, condanneranno una volta di più il fatto che noi stiamo rappresentando, con una metamorfosi del male, quel male contro cui eravamo sorti e ci eravamo illusi di vincere.”
Il nostro impegno, preso al Congresso di Rebibbia, è quello di non dismettere questa lotta.
Abbiamo quindi individuato gli obiettivi seguenti:
di superare i costi delle non Europa che il Parlamento europeo cifra a circa 1.600 miliardi di euro l’anno
di sottoporre al controllo democratico dei membri del Parlamento europeo dei paesi dell’eurozona il Meccanismo europeo di Stabilità con la stessa urgenza con la quale lo si è adottato, e con esso tutte le Istituzioni e gli strumenti della governance economica europea
che il Parlamento europeo che sarà eletto nel 2019 sia dotato di poteri costituenti per il superamento del metodo intergovernativo con il metodo democratico al fine di provare a riprendere il cammino federale troppo presto abbandonato
che i processi decisionali, quale le riunioni del Consiglio europeo, siano resi pubblici per permettere lo scrutinio democratico e il dibattito pubblico
Da dove veniamo?
1914: dalla depressione economica il protezionismo, la guerra mondiale, il nazionalismo, il totalitarismo… nel ’41 il Manifesto di Ventotene
E’ già accaduto in passato. Era il 1914 quando l’economista Antonio De Viti De Marco fondò la Lega Antiprotezionista per contrastare la politica – protezionista e nazionalista – che di lì a poco avrebbe portato alla prima guerra mondiale e, successivamente, nel 1922 in Italia al fascismo e successivamente, fino al 1939, a regimi simili in 14 degli attuali 26 paesi membri dell’Unione europea.
Le ragioni per le quali la politica protezionista e nazionalista fu adottata all’inizio del secolo scorso sono le stesse per le quali oggi viene riproposta: la depressione economica. Lo spazio europeo è quello più adeguato e maturo per continuare a proporre l’alternativa federalista che ha nel Manifesto di Ventotene, Per un’Europa libera e unita, scritta da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 mentre erano al confino e in Europa dilagavano i regimi totalitari.
1950 – 1957: dalla Comunità del Carbone e dell’Acciaio, al fallimento della difesa europea, alla Comunità Economic Europea del 1957 che Altiero Spinelli definì “un gigantesco imbroglio”.
Ad appena cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale i padri fondatori della nuova Europa, il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer e l’italiano Alcide De Gaspari, con il quale collaborò Altiero Spinelli, concepiscono la Comunità del Carbone e dell’Acciaio il cui Trattato sarà firmato nel ’51. Nel ’52 il francese Jean Monnet ideò un primo embrione di esercito europeo, la CED Comunità europea di Difesa, ma nell’agosto del ’54 fu proprio il Parlamento francese a bocciare la proposta. Infine il 25 marzo del 1957 furono firmati a Roma i trattati istitutivi della Comunità Economica Europea che Altiero Spinelli definì come “un gigantesco imbroglio”.
1957: il Manifesto dei federalisti europei
Contemporaneamente Altiero Spinelli dà alle stampe il Manifesto dei federalisti europei con il quale oltre ad una analisi propone delle misure concrete di attuazione del progetto. Il Manifesto raccoglie “le idee fondamentali di coloro che hanno issato la bandiera della lotta contro le pretese abusive dei nostri stati nazionali, contro il falso europeismo degli uomini della vita politica nazionale, per il diritto del popolo europeo di darsi da sé la sua unità. Il pensiero politico del federalismo europeo è tanto più urgente, in quanto il suo contenuto è assai poco noto. Quantunque infatti implichi una critica profonda di tutta la vita politica europea contemporanea, l’opinione pubblica lo confonde facilmente con quella roba insipida e incoerente che è l’europeismo ufficiale e ufficioso.”
Le ragioni di quel Manifesto coincidono con quelle della mozione adottata dal Partito Radicale nel congresso di Rebibbia di denuncia dell’europeismo ufficiale e ufficioso cioè del “nazionalismo die partiti democratici e dei loro Governi” che anziché traghettare l’Unione europea verso gli Stati Uniti d’Europa l’hanno ridotta all’ultima istituzione che protegge interessi e privilegi nazionali che sempre più chiaramente sono antitetici ai diritti e agli interessi dei cittadini europei.
1984: il Parlamento europeo approva il Trattato Spinelli e indica il tracciato federalista, i partiti e i governi nazionali lo affossano
Una data fondamentale per comprendere la situazione nella quale si trova oggi l’Unione europea è sicuramente quella del 1984 quando la Commissione per gli affari istituzionali del Parlamento europeo presieduta da Altiero Spinelli con Marco Pannella vice-presidente. Non era il progetto degli Stati Uniti d’Europa ma epur cedendo qualcosa ai Governi nazionali, puntava ad ottenere che il ptere legislativo fosse esercitato in un sistema bicamerale molto simile a quello di uno Stato federale. Il Parlamento europeo adottò quel Trattato, successivamente i rappresentanti dei paesi membri con l’Atto Unico Europeo decisero altrimenti, salvaguardando i propri interessi nazionali.
1979: contro lo sterminio per fame per restituirli vivi allo sviluppo
Su quello che viene definito “liberismo” legato a quella che viene definita “globalizzazione” ci sarebbe molto da dire. Sul tema basti ricordare che nel 1979, quasi quarant’anni fa, quando Marco Pannella concepì la campagna contro lo “sterminio per fame nel mondo” e concepì la campagna per l’intervento straordinario per restituirli vivi allo sviluppo, denunciò che si trattava di un olocausto causato “dal disordine economico internazionale”. Da quel disordine la finanza si è impadronita dell’economia internazionale concependo un sistema che globalizza le attività economiche ma non i diritti e la democrazia
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2012: l’Unione europea organizza il rientro dai deficit economici aumentando il deficit democratico.
Per arrivare al 2012, quando fu istituito il MES/ESM, Meccanismo Europeo di Stabilità, nato come fondo finanziario, poi diventata organizzazione intergovernativa, con una capacità di 700 miliardi di euro, che riteniamo sia l’esempio più chiaro, accecante, della degenerazione dell’Unione europea. Tant’è che il giornale americano International Business Times si è chiesto se questo meccanismo non sia l’inizio di una nuova dittatura europea. Una organizzazione della quale un paese non può decidere di uscire; che obbliga i paesi aderenti a fare ulteriore debito per pagare il debito che hanno già maturato; i cui beni, disponibilità e proprietà ovunque si trovino e da chiunque siano detenute, godono dell’immunità da ogni forma di giurisdizione e non possono essere oggetto di perquisizione, sequestro, confisca, esproprio e di qualsiasi altra forma di sequestro o pignoramento derivanti da azioni esecutive, giudiziarie, amministrative o normative e sono esenti da restrizioni, regolamentazioni, controlli e moratorie di ogni genere, in questo quadro il personale gode dell’immunità di giurisdizione per gli atti compiuti nell’esercizio ufficiale delle loro funzioni e dell’inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti.
Il MES è il punto di caduta di una istituzione, l’Unione europea, che nel nome dei padri fondatori ha tradito le proprie aspirazioni.
A quella decisione seguirono una serie di Trattati di revisione di Trattati precedenti a conferma che quello che si prospettava non fosse il meglio per i cittadini ma il meno peggio per gli Stati nazionali.
Si dovrà pur rilevare che le forze politiche nazionaliste e protezioniste sono cresciute man mano che si rafforza l’Unione europea e quindi si indeboliva la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa. Gli ultimi risultati elettorali, dall’Austria all’Olanda e alla Francia – per quanto gli antieuropeisti abbiano ottenuto risultati significativi e dal nostro punto di vista preoccupanti – sono in controtendenza rispetto a quanto tutti i mass media europei davano per scontato.
Questo è accaduto all’interno di un gioco che puntava l’attenzione sui deficit economici per meglio nascondere il deficit democratico, che è unanimamente riconosciuto quale punto debole dell’Unione.
La mozione del Congresso di Rebibbia nella sua essenzialità è chiarissima e ciò è stato possibile per il precipitato storico che noi siamo e vogliamo continuare ad essere.
Il progetto degli Stati Uniti d’Europa non può essere una evoluzione dell’Unione europea fino a quando vi saranno al proprio interno organizzazioni come il MES, ammesso che i paesi membri, a regole vigenti, vogliano una sua evoluzione in senso democratico.
Noi non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo attestarci sul “meno peggio” in cambio di un possibile futuro. Dopo mezzo secolo va preso atto che dalla degenerazione dell’Unione europea fondata sul processo intergovernativo degli Stati nazionali non possa nascere un progetto federalista; possiamo però cercare di salvare quanto più possibile del lavoro fin qui fatto per costruire il nuovo possibile.