di Sergio Rovasio da Il Foglio del 06/11/2023
Durante la Seconda guerra mondiale, mentre era sfollato con la sua famiglia da
Teramo a Pescara, il ragazzino Marco Pannella conobbe in spiaggia una coetanea di
nome Adria, che dopo un po’ di tempo sparì e di lei non seppe più nulla. Era ebrea.
Marco ha sempre raccontato questo episodio per spiegare la sua attenzione e
sensibilità verso gli ebrei come l’inizio di un percorso che lo vedrà attento, vigile e a
volte anche critico verso questo mondo antico, forte, contradditorio, litigioso, umano
appunto. Ottobre 1982, era un sabato mattina, quasi le ore 12, presso la Sinagoga di
Roma in pieno Shabbat, durante la cerimonia di Bar Mitzvah per decine di
adolescenti, mentre si chiudeva la festa di Sukkot, un commando di terroristi
palestinesi dopo aver chiuso gli accessi e le uscite della sinagoga, lanciò tre bombe a
mano e sparò con i mitra sulla folla causando la morte di un bambino di due anni e il
ferimento di 37 persone. Era un periodo di gravissima ostilità verso gli israeliani e gli
ebrei a causa della guerra contro il Libano: poco tempo prima, nel corso di un corteo
della Cgil, era stata depositata una bara davanti alla sinagoga. L’unico politico ad
accorrere al Ghetto per abbracciare la comunità ebraica fu Marco Pannella. La notizia
gli giunse mentre era a una riunione in via di Torre Argentina 18, poco distante. Nel
pieno della tragedia fu accolto dalla comunità ebraica con grande affetto, tra pianti,
urla, disperazione. Poco dopo arrivò l’allora presidente del Consiglio Giovanni
Spadolini, che fu l’unico rappresentante istituzionale ai massimi livelli a non avere incontrato Arafat che poche settimane prima si era recato in visita a Roma, ricevuto
in pompa magna quasi ovunque. Pannella, che a Roma in quel periodo teneva lunghi
fili diretti notturni su Teleroma 56, sovente faceva confronti tv con il rappresentante
dei palestinesi a Roma Nemer Hammad: litigavano sempre, Marco parlava di
democrazia e di aiuti, oltre che umanitari anche di informazione ai palestinesi, mentre
Hammad faceva sempre finta di non sentire le parole “informazione” e “democrazia”,
come se fossero termini a lui estranei, incomprensibili, sconosciuti. Ecco il grande
equivoco e anche la grande menzogna storica di cui ha sempre parlato Pannella, la
negazione dell’informazione e della democrazia, ovunque e sempre nei paesi arabi e
spesso anche nei paesi occidentali. Nel 1986 Pannella si recò a Gerusalemme insieme
al Premio Nobel Elie Wiesel per sostenere la causa dei Refuznik, gli ebrei russi
rinchiusi nei manicomi e nei gulag sovietici. Avital, la moglie di Nathan Sharansky,
noto dissidente ebreo russo, che fu arrestato nel 1977 e dopo anni di Gulag venne
liberato in cambio di due spie russe, si iscrisse al Partito Radicale insieme a una
ventina di ebrei russi. Nel frattempo a Roma si manifestava per i Refuznik davanti
all’ambasciata russa di via Gaeta. Nel 1988 il Partito Radicale, nel pieno della prima
Intifada, decide di tenere i lavori del suo Consiglio federale in Israele (ricordo che
mentre il taxi ci portava all’albergo, se erano di israeliani erano oggetto di lancio di
pietre, per questo cercavamo sempre taxi di arabi). Grazie all’aiuto della
corrispondente politica del Partito Radicale, la parlamentare Shulamit Aloni,
fondatrice del Partito Ratz e leader dei diritti civili, insieme al collega Ralph Cohen,
iscritti al Partito Radicale, da sempre dalla parte del dialogo con i palestinesi, viene
organizzato l’incontro a Gerusalemme. Dato che i lavori sarebbero iniziati di sabato
era di fatto impossibile trovare un albergo a Gerusalemme che ospitasse le decine di
Radicali provenienti dall’Italia per l’assise. Si optò per un albergo in zona araba,
bellissimo, ubicato sul monte degli Ulivi con vista spettacolare sulla città vecchia di
Gerusalemme. Era un luogo anche storico per essere stato il quartier generale dei
giordani durante l’occupazione della Cisgiordania e Gerusalemme est dal 1948 al
- Per l’evento furono acquistate alcune pagine sui quotidiani Jerusalem Post,
Yediot Ahronoth e Maariv per far conoscere agli israeliani chi erano i Radicali
provenienti dall’Italia e non solo. In quegli spazi il 18 ottobre 1988 fu pubblicata in
inglese e in ebraico la proposta politica di Marco Pannella e del Partito Radicale:
“The borders of Israel could become the borders of the United States of Europe (and
of the Mediterranean area). Citizens of Israel could become citizens of the United
States of Europe in the European Economic Community”. “I confini di Israele
possono diventare i confini degli Stati Uniti d’Europa (e dell’area mediterranea). I
cittadini israeliani possono diventare cittadini degli Stati Uniti d’Europa nella
Comunità economica europea”. Nel testo si proponeva un salto di qualità politico non
basato sulla violenza, per promuovere democrazia anche nelle aree non israeliane con
l’obiettivo poi di promuovere una federazione di stati democratici con i vicini di
Israele affinché si allargassero i confini dell’Unione europea (allora ancora chiamata
Cee). La democrazia come obiettivo politico per promuovere la pace oltre i confini di
Israele. È evidente che senza questo, i conflitti violenti, militari e basati sul terrore
avranno sempre la meglio. Questa era l’unica proposta politica basata su qualcosa di
concreto, per molti giudicata utopistica e proprio per questo sempre rimasta
inascoltata, ignorata, a volte persino osteggiata dalle istituzioni europee, da quelle
israeliane, palestinesi, giordane ed egiziane. Pannella spesso ricordava che se solo
una piccola percentuale di capitali venisse investita per bombardare con volantini e
sistemi innovativi tecnologici la promozione della democrazia nei territori confinanti,
ci sarebbe stato ancora oggi qualcosa di diverso dal fanatismo e dall’odio. I lavori del
Consiglio generale a Gerusalemme furono aperti dal sindaco della città, il molto
amato dai gerosolimitani Teddy Kollek e videro la partecipazione di ex Refuznik,
membri della Knesset arabi e israeliani di diversi orientamenti politici; Marco era
preoccupato perché non vedeva concretezza nella sua proposta. Diceva sempre che
sarebbe bastato un ordine del giorno e/o una mozione alla Knesset o al Parlamento
europeo, o anche una richiesta formale all’Ue che avrebbe almeno scatenato il
dibattito ai massimi livelli. Con Dario Coen, attivista radicale e storico membro della
comunità ebraica romana ci recammo ancora a Gerusalemme per incontrare alcuni
politici della Knesset per cercare di convincerli ad agire. Apprezzavano la proposta di
Pannella ma non ne erano convinti al punto di incardinare una discussione
parlamentare o anche solo all’interno dei loro partiti. “Israelizzare il medio oriente”.
Durante la seconda Intifada il 9 marzo del 2002 un kamikaze si fece esplodere al
Caffè Moment di Gerusalemme, morirono 13 ragazzi e vi furono decine di feriti. Con
Marco e altri membri del Partito Radicale ci recammo nel giugno di quell’anno a
Gerusalemme per incontrare diversi politici e organizzare due conferenze sulla
proposta pannelliana. In Israele furono raccolte oltre 1.500 firme, alla Knesset diverse decine, al Parlamento europeo 42 parlamentari sostennero la proposta. Decidemmo di
recarci davanti al Caffè Moment dove Marco Pannella in una cerimonia laica, davanti
alla stampa e ai cittadini lesse questo messaggio: “Amiche e amici, fratelli e sorelle,
compagne e compagni d’Israele, di Gerusalemme, del mondo della democrazia, del
diritto e dei diritti umani, politici, civili anche nel e per il Medio Oriente. Sono qui
con i miei compagni del Partito Radicale Transnazionale e di Radicali italiani Yasha
Reibman, David Carretta, Antonio Cerrone, Sergio Rovasio e Martin Schulthess,
sono qui quale deputato del Parlamento europeo, anche a nome e per conto di Emma
Bonino, Marco Cappato, Benedetto Della Vedova, Olivier Dupuis, Gianfranco
Dell’Alba, Maurizio Turco, anch’essi parlamentari europei. Siamo qui, con voi, per
partecipare a questa nuova ripresa della vita, dei suoi diritti, dei suoi ideali, delle sue
speranze, dei suoi luoghi di dialogo, di amicizia, di letizia, di pace. Proprio qui dove
l’altro Medio Oriente quale oggi si manifesta nel segno della violenza,
dell’assassinio, dell’odio, del fanatismo, dell’oppressione, dei propri popoli, della
negazione dei diritti umani, dalle donne agli uomini che lo abitano, ha fatto stragi di
donne e uomini liberi, colpevoli di appartenere a una nazione dove democrazia e
diritti vivono drammaticamente assediati, ma vivono e si affermano malgrado
cinquanta anni di guerra loro imposti. Noi siamo il solo partito gandhiano,
neogandhiano, nonviolento, transnazionale, impegnato per la globalizzazione della
democrazia, della libertà, dei diritti umani, civili, politici. Per questo siamo con voi,
fra di voi, vostri. Parte anche, fra di voi, con coloro che affermano, che sanno, che
non c’è pace senza libertà e senza giustizia, e agiscono e lottano di conseguenza. Per
noi, essere con voi, con Israele è anche il solo modo che oggi conosciamo per lottare
per la liberazione e la libertà di tutte le donne e tutti gli uomini e le donne palestinesi,
arabi, islamici, di tutto il medio oriente. Il terrorismo, il fanatismo fondamentalista, la
violenza contro i propri popoli, dei regimi del medio oriente, contro Israele che può
essere determinante ed è necessario per una rivoluzione democratica, laica, civile, di
quei paesi, vanno combattuti senza sosta e senza remore, senza quelle che furono le
tragiche illusioni di poter vivere in pace con i nazismi, i fascismi, i comunismi, i
fantasmi che hanno sterminato centinaia di milioni di individui nel secolo passato, e
continuano a farlo, o a prepararlo, a tentarlo. Politicamente va perseguita la
israelizzazione del medio oriente, per la vita e la libertà di tutte le persone che lo
abitano. Questo noi vogliamo e dichiariamo di volere, anche con la nostra battaglia per quattrocento milioni di europei e dei loro stati indipendenti. Stasera siamo con voi
perché è necessario, giusto, urgente, non mutare la propria voglia di vivere per paura
della morte. È quello che le organizzazioni che si esprimono anche con il terrorismo
vorrebbero: ottenere che facessimo olocausto del nostro vivere prima ancora di
rischiare di perderlo in caso di loro vittori. Invece stiamo qui, nel ricordo, nella
memoria, dei nostri cari assassinati, a brindare insieme alla nostra amicizia, alla
letizia, alla convivibilità in e di Gerusalemme e in e di Israele”. Con Yasha Reibman,
storico radicale di Milano, consigliere regionale della Lombardia, vicepresidente e
portavoce della comunità ebraica di Milano, alloggiavamo tra il Ymca e il King
David Hotel (uno di fronte all’altro). Eravamo impegnati a organizzare a Tel Aviv e
Gerusalemme le due conferenze del Partito Radicale per tema “Israele nell’Ue e per
la promozione della democrazia nei paesi confinanti”. Il King David è il più
importante e storico albergo della città, a pochi metri dalla Porta di Giaffa una delle
porte di ingresso alla città vecchia di Gerusalemme, anche questo luogo storico per
essere stato il quartier generale del mandato britannico prima della proclamazione
dello stato di Israele nel 1948. Andavamo a fare colazione al King David dove ci
incontravamo con Fiamma Nirenstein e Marco Pannella per fare il punto sugli aspetti
organizzativi. Durante una di queste riunioni Fiamma chiamò Oriana Fallaci a New
York e le spiegò perché eravamo lì. Oriana si commosse in vivavoce ricordando di
quando sostenne le liste del Partito Radicale nel 1976, Marco avviò una discussione
dicendole che era stata anche candidata in quella tornata elettorale, lei diceva di no,
che era solo sostenitrice, da lì nacque una discussione con reazioni anche divertenti
su chi non ricordava cosa e dopo una quindicina di scazzi e battute riprendemmo la
riunione. Yasha Reibman raccolse decine di firme dei parlamentari della Knesset su
un documento in cui si auspicava che Israele entrasse a far parte dell’Unione europea,
questo pose le basi per organizzare un importante convegno anche a Bruxelles. Le
firme furono una ventina di su 120 membri, i parlamentari che sostennero la proposta
erano di area pacifista (Mossi Raz, leader di Shalom Acshav, parlamentare del
Meretz), laburisti (Colette Avital, braccio destro di Shimon Peres, allora i laburisti
erano al governo), del partito laico Shinui di Tommy Lapid e del partito di destra
Likud (Sheetrit). In quell’occasione Pannella fu ricevuto dal presidente dello stato
ebraico Moshe Katsav al quale riuscì a illustrare il proposito politico del suo viaggio.
L’accoglienza del presidente fu sorprendente, disse che condivideva la proposta del Partito Radicale ma non toccava a lui agire di conseguenza. La missione della
delegazione si concluse con l’intervento di Pannella al Congresso mondiale sionista
che si teneva in quei giorni a Gerusalemme. Era la prima volta che un non ebreo
interveniva in quell’assise. Sollecitò la classe dirigente e l’opinione pubblica
sull’obiettivo promosso dal Partito Radicale di una piena e immediata adesione di
Israele nell’Unione europea. Ai “fratelli sionisti” Pannella ha rivolto un’esortazione a
non considerarsi più come “le vittime designate” di olocausti passati: al contrario la
missione per il popolo ebraico è quella di realizzare “l’israelizzazione di tutto il
medio-oriente”, sconfiggendo le dittature e i fondamentalismi, con l’affermazione
della democrazia e della laicità. “La realtà – ha sottolineato Pannella – è che Israele
rappresenta una minaccia mortale per i regimi fondamentalisti e dittatoriali”, Israele è
divenuta una metastasi di democrazia e di civiltà in medio oriente e per questo
vogliono che sia distrutta. A chi chiede la pace – ha proseguito Pannella – va risposto
che non può esserci pace senza giustizia, senza libertà per le donne e gli uomini,
anzitutto palestinesi, arabi, medio-orientali. È a costoro, infatti, che va assicurato il
diritto e i diritti, giustizia, libertà, progresso sociale e tutto questo, nella regione araba
dominata da sanguinose dittature, può essere garantito solo da Israele, “testa di ponte
della democrazia”. Nello stesso periodo Yasha Reibman partecipò a Gerusalemme
alla riunione dei parlamentari ebrei nel mondo facendo approvare dall’Assemblea una
mozione a favore dell’allargamento della Ue (e della Nato) a Israele. Le conferenze
videro la partecipazione di centinaia di israeliani e di rappresentanti di think tank
arabi moderati che abbracciavano la proposta come una soluzione politica possibile.
Vi fu poi un viaggio ad Amman e Gerusalemme organizzato dall’Associazione Euro-
Med, composta da parlamentari di molti paesi europei e del Parlamento europeo, che
si batteva per la democrazia in medio oriente. Fummo accolti ad Amman dal Re di
Giordania e a Gerusalemme dalle massime autorità politiche israeliane alle quali
venne proposta una nuova visione politica per il medio oriente che includesse
interventi mirati verso le popolazioni confinanti e non solo quindi basata su interventi
militari. Con l’aiuto di Sharon Nizza e la sua capacità organizzativa, nel novembre
2005 tornammo in Israele con Marco Cappato, allora parlamentare europeo radicale,
per partecipare al 2° Gay World Pride di Gerusalemme, promosso da partiti e
organizzazioni laiche. L’intento era quello di rilanciare le campagne storiche dei
Radicali sull’affermazione dei diritti civili in un paese che ha sempre avuto una forte influenza e commistione religiosa nella politica, in contrasto con i valori di libertà e
democrazia per tutti. La manifestazione fu rinviata per motivi di sicurezza ben tre
volte ma la Corte suprema impose al governo il diritto di manifestare nonostante le
forti opposizioni di parte della politica e dei gruppi religiosi che per la prima volta
miracolosamente si erano uniti (ebrei, musulmani e cristiani) contro l’iniziativa. Le
due principali associazioni lgbt israeliane Agudah e Open House aiutavano e ancora
aiutano i ragazzi palestinesi gay a trovare rifugio in territorio israeliano. Per motivi di
sicurezza la manifestazione si tenne dentro lo stadio della città e non per le strade. A
Gerusalemme incontrammo alcuni esponenti di due think tank palestinesi, piuttosto
isolati ed emarginati che lavoravano con diversi team per proporre alternative di
dialogo con Israele. A Tel Aviv incontrammo ancora Natan Sharansky lo storico
dissidente russo e Tommy Lapid, leader del Partito Shinui, figura politica molto
amata tra i giovani, seppur politico controverso, che da sempre si era battuto per
tenere separata la religione dalla politica israeliana. La proposta di Marco Pannella e
del Partito Radicale nel corso degli anni ha avuto occasioni di incontri e confronti e di
rilancio senza che mai qualsiasi istituzione europea o medio orientale l’abbia presa in
considerazione, nonostante il sostegno che i cittadini hanno dimostrato nei rarissimi
sondaggi svolti nel corso degli anni. In Israele nel 2003 l’Ufficio di rappresentanza
della Commissione europea rese noto il sondaggio svolto in Israele tra febbraio e
dicembre di quell’anno dal Dahaf Polling Institute con il 60 per cento degli israeliani
favorevoli alla proposta di ingresso nell’Ue. Anche in Europa, nonostante
l’indifferenza delle istituzioni e la totale mancanza di informazione, il sondaggio fatto
tra i cittadini europei dal Centro Konrad Adenauer nel 2010 diede risultati
sorprendentemente positivi con oltre il 69 per cento favorevoli alla proposta. Al
Parlamento europeo i parlamentari radicali sin dal 2003 hanno denunciato in diverse
occasioni di come i finanziamenti dell’Unione europea per aiutare i palestinesi
andassero in realtà a finire in conti dell’Arab Bank di Gaza senza che nessuno
rendicontasse sul loro utilizzo e con la scoperta che parte di essi serviva a finanziare i
terroristi di Hamas. Altra questione denunciata in modo insistente riguardava gli
osservatori Osce e dell’Unione europea che non denunciarono il fatto che alle uniche
elezioni svoltesi a Gaza nel gennaio 2005 il gruppo politico Hamas, che vinse contro
il gruppo più moderato Fatah con uno scarto del 3 per cento, era armato e in ogni
angolo dei seggi elettorali. I moderati furono arrestati o uccisi o cacciati dal territorio di Gaza. Marco Pannella ha sempre ricordato che quasi la metà degli israeliani ha o
potrebbe avere per diritto il passaporto europeo. Non può mancare quanto di più
importante Pannella ha proposto e insegnato: il grande equivoco di chi chiede sempre
a gran voce “due popoli – due stati”, affermando innanzitutto “Due-tre popoli – due-
tre democrazie”. Le democrazie tra di loro non fanno guerre. E già questo dovrebbe
far capire come un conflitto andrebbe risolto: una delle parti in guerra è solitamente
una dittatura o un’entità terroristica da cui occorre difendersi, sempre. La vera pace la
si può trovare solo con un accordo tra paesi democratici e questa è la base della
proposta lanciata sin dagli anni 80 da Marco Pannella aprendo la strada a quei paesi
confinanti solo in un contesto di avvio di un processo democratico: Stati Uniti
d’Europa e d’America, allargamento ai paesi democratici del Mediterrano dei confini
europei e Community of Democracies (paesi democratici alleati) contro paesi
dittatoriali o entità statuali gestite da organizzazioni terroristiche. Ciò consentirebbe
di difendere i popoli, i cittadini e l’affermazione dei loro diritti civili e umani contro i
tiranni, i violenti, i terroristi che si oppongono a tali processi. Se solo una parte delle
spese per armi venisse destinato a promuovere la democrazia forse non ci
troveremmo oggi in questa pessima situazione. Il Partito Radicale ritiene
fondamentale rilanciare e sostenere la Community of Democracies, composta da stati
democratici, in alternativa alla forzosa unità dei paesi democratici e dittatoriali che
produce violenza e un’economia fatta di ricatti, veti e alleanze antioccidentali.
L’organismo è già esistente ma non sufficientemente sostenuto dai paesi democratici
per proporre, dopo quanto è successo in Ucraina e in Israele, nuove strategie
geopolitiche da parte loro.
- Sergio Rovasio è presidente dell’Associazione Marco Pannella di Torino e membro
del Consiglio generale del Partito Radicale