Il divario tra realtà e percezione di insicurezza

I dati forniti dal ministero dell’Interno mostrano, a fronte di un drastico calo dei reati nel 2020 a causa delle restrizioni per l’emergenza pandemica, una leggera ripresa nel 2021. La criminalità, in termini statistici, risulta comunque in calo rispetto al 2019.

Crescono i reati informatici e le truffe online, mentre gli omicidi sono stati 289 nel 2021, 4 in più rispetto al 2020, ma 25 in meno rispetto al 2019. La metà (144) sono stati commessi in ambito affettivo. E il 40% delle vittime sono state donne (erano il 35% nel 2019), la quasi totalità (100) uccise in ambito familiare. In generale, i dati sembrano confermare un trend in calo nel lungo periodo, cosa che dovrebbe essere tenuta in considerazione al momento dell’adozione di nuove politiche di contrasto alla criminalità.

A fronte di una generale contrazione delle attività illegali in termini statistici, però, aumenta nella popolazione il sentimento di insicurezza. Come riportato da diverse ricerche empiriche, l’espressione “sicurezza urbane, non si riferisce solamente alla quantità di reati e fatti devianti commessi, ma si estende a quell’insieme di processi in grado di alterare la percezione sociale, aldilà della presenza più o meno concreta di una minaccia di tipo criminale. La sicurezza e la legalità di una città o di un quartiere si definiscono in larga misura anche sulla base di come e quanto gli abitanti di quella città e di quel quartiere si sentono.

Le condizioni oggettive non sempre corrispondono alla percezione dell’opinione pubblica poiché i due dati, seppur correlati, non sempre sono perfettamente sovrapponibili. Minime variazioni nel tasso di criminalità in un contesto tradizionalmente privo di fenomeni di illegalità significativi possono originare un aumento esponenziale della percezione di insicurezza rispetto all’entità del fenomeno criminale. Soprattutto se comparati con contesti tradizionalmente più soggetti a episodi di illegalità. Data la complessità semantica del concetto di sicurezza urbana, la continua riproposizione da parte della classe politica e dei media del nesso tra sicurezza e preoccupazioni derivanti dal verificarsi di fenomeni criminali, unitamente all’invocazione rituale di misure preventivo-repressive più radicali ed efficaci, ha fatto passare in secondo piano altre dimensioni cruciali dell’insicurezza che dovrebbero rappresentare il terreno privilegiato per qualsiasi politica che intenda aggredire alla radice tale problema.

La percezione di vivere in un territorio insicuro, infatti, può essere indotta dal rapporto del cittadino con la realtà ambientale circostante, dall’esistenza di segni evidenti di inciviltà odi atteggiamenti che trasgrediscano norme comportamentali socialmente condivise, dal grado di coesione sociale dei quartieri, dall’intreccio di popolazioni diverse che fanno riferimento a un’area urbana (residenti, city users, turisti, migranti), da campagne mediatiche che abbiano a oggetto il degrado e/o la criminalità esistente in un determinato territorio.

Di Sonia Stefanizzi – Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2022

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