Le sanzioni del Consiglio di Sicurezza: da “strumento spuntato” a “strumento vitale”

Per il Sottosegretario Generale per gli affari politici e di costruzione della pace, Rosemary A. DiCarlo, “Per essere efficaci, le sanzioni dovrebbero essere parte di una strategia politica globale, lavorando in tandem con il dialogo politico diretto, la mediazione, il mantenimento della pace e le missioni politiche speciali”.

Ci sono attualmente 14 regimi di sanzioni del Consiglio in vigore in tutto il mondo. Queste misure sanzionatorie sostengono la risoluzione dei conflitti in Libia, Mali, Sud Sudan e Yemen; scoraggiano i cambiamenti incostituzionali di governo in luoghi come la Guinea Bissau; e frenano lo sfruttamento illecito delle risorse naturali che finanziano le attività dei gruppi armati nella Repubblica Centrafricana (CAR), nella Repubblica Democratica del Congo e in Somalia.

Limitano anche le attività di proliferazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea (DPRK) e la minaccia terroristica posta dai gruppi terroristici islamici (ISIL), Al-Qaida e i loro affiliati. Negli ultimi anni, il Consiglio di Sicurezza ha cercato di evitare conseguenze negative per le popolazioni civili e gli Stati terzi. Gli ultimi 10 anni hanno anche dimostrato che le sanzioni possono fare di più che limitare l’afflusso di armi e munizioni o il finanziamento dei gruppi armati. Quasi tutti i regimi ora cercano di rispettare gli standard umanitari internazionali. Le sanzioni sono diventate anche più mirate, con più di 50 individui ed entità inseriti in liste. Per il Sottosegretario Generale, l’evoluzione da sanzioni globali a sanzioni mirate ha segnato un cambiamento radicale, ma ci sono ancora preoccupazioni. Secondo Martin Griffiths (affari umanitari), le sanzioni possono essere intelligenti e mirate, ma la conformità è sempre un elemento quotidiano nel lavoro dell’ONU e dei suoi partner. Tra le preoccupazioni, la difficoltà di impegnarsi con individui o entità elencate, che a volte detengono un controllo significativo sulla vita di intere popolazioni. Griffiths ha chiesto al Consiglio di inserire fin dall’inizio in ogni regime delle clausole di esclusione umanitaria completa, piuttosto che le attuali procedure di autorizzazione caso per caso che possono essere “ingombranti e inefficienti”. Queste deroghe ed eccezioni dovrebbero essere “tradotte senza problemi nella legislazione nazionale”, per ridurre le preoccupazioni dei donatori umanitari, delle ONG e delle aziende private.

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