Dichiarazione di Maurizio Turco e Irene Testa, Segretario e tesoriere del Partito Radicale
Ieri in Senato, all’ultimo momento, è stato infilato in fretta e furia un emendamento del movimento 5 stelle, che ha previsto stabilito che chiunque, imputato o testimone, dal 9 marzo fino al 30 giugno può essere interrogato nel più vicino ufficio di polizia giudiziaria, in presenza di un ufficiale o di un agente, con il giudice in videoconferenza.
Tutto in linea, visto che ormai i diritti costituzionali sono carta straccia.
Ma a peggio, com’è noto, non c’è mai fine: perché la norma è retroattiva dal 9 marzo? Cosa è accaduto dal 9 marzo? Che cosa sa il partito del Ministro della Giustizia, che non sanno i comuni cittadini?
Si pensi a chi in carcere in questi giorni ha denunciato situazioni di poca trasparenza, abusi o violenze e che dovrebbe sottoporsi ad interrogatorio direttamente dal carcere, magari davanti al carnefice. Ma si pensi anche a chi, da libero teste, si trovasse a dover lasciare deposizioni che, per la prima volta nella storia della Repubblica, non saranno fisicamente davanti a un magistrato – quindi in grado di controllare l’ambiente in cui si svolge l’interrogatorio – ma rilasciate nelle caserme della polizia o dei carabinieri.
Con tutta la buona fede che vogliamo e dobbiamo sempre ascrivere, nei confronti delle forze dell’ordine, ci ritorna inevitabilmente in mente il caso Cucchi ed il gioco delle coperture istituzionali. Perciò, ci piacerebbe che il Parlamento chiedesse a Bonafede ed ai suoi ghost-writers se esistono già verbali di interrogatori condotti illecitamente nella modalità telematica.
È a questo tipo di ruolo del Parlamento che il Partito radicale si attiene, quando invoca lo stato di diritto: non una Camera plaudente che dà la veste formale alle decisioni del governo, ma una Camera che sappia controllare, correggere e chiamare il governo a rispondere degli abusi che sta compiendo sulle garanzie costituzionali dei cittadini.
Se poi questo comporterà una modifica del testo ed un suo ritorno al Senato, i tempi ci sono tutti: il presidente Fico sa bene che la Costituzione prevede 60 giorni per convertire i decreti-legge.
Quando un sistema si comporta così vuol dire che è alla frutta e che ha tanto da nascondere alla vera democrazia.
spira una brutta aria.. con la scusa di una epidemia. Anzichè modalità innovative di controllo della diffuzione dell’epidemia si pensa di chiudere tutti in casa e in carcere….