Abbinare o meno il referendum costituzionale alle elezioni amministrative è scelta politica.
In assenza di informazione e dibattiti, dopo due anni di informazione unilaterale a favore della riduzione dei parlamentari e alle prese con una emergenza sanitaria, il risultato è già compromesso e risulta irrilevante quando si terrà il voto. Ma è una battaglia da combattere e la combatteremo.
Affinché la scadenza referendaria non assuma i contorni della farsa è indispensabile spostare il voto, ed è indispensabile avere almeno due mesi di vera, intensa campagna referendaria di informazione e dibattiti. A quel punto, con i cittadini informati, si può anche abbinare il voto referendario a quello amministrativo.
Nel 1997 Marco Pannella e il Partito Radicale chiesero che il voto referendario fosse accorpato a quello amministrativo, per evitare di votare il 15 giugno con la gente in vacanza, come poi avvenne.
La motivazione politica del Governo il Ministro degli Interni Giorgio Napolitano la tradusse con la motivazione che la legge non prevedeva l’accorpamento. Però era ed è altrettanto vero che non c’è alcuna normativa che lo escluda. E in un ordinamento autenticamente liberale tutto ciò che non è espressamente vietato, si deve considerare automaticamente consentito.